Ingegnere di acque e strade del Dipartimento del Rubicone ( 1802 - 1815 )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Ente pubblico territoriale
Sede: non indicata
Codici identificativi
- SP-00000017 [Identificativo di sistema]
Abstract
Corpo degli ingegneri di Acque e Strade La conquista dell’Italia da parte di Napoleone e la costituzione di un nuovo Stato comportò l’unificazione e la riorganizzazione dei corpi tecnici preposti alle acque che prima operavano presso gli stati dell’antico regime. Nei due secoli precedenti era stata la figura del teorico fisico-matematico ad esercitare il ruolo di Sovrintendente delle acque, con ingegneri e architetti alle sue dipendenze. Nel 1798 viene nominata una commissione tecnica allo scopo di elaborare una riforma del sistema amministrativo delle acque pubbliche d’Italia, che vede il suo compimento con la promulgazione della legge del 20 aprile 1804 e la creazione di un Magistrato d’acque presso ogni Dipartimento. Ogni magistrato si raccorda con il governo centrale rappresentato da due idraulici nazionali con il ruolo di ispettori e sovrintendenti delle opere idrauliche. Nel 1805 viene istituito il Dipartimento Ponti, Argini e Strade e, l’anno successivo, il Corpo degli ingegneri reali d’Acque e strade con decreto 6 maggio 1806, sul modello francese del Corp des Ponts et Chausseées (1774), coordinato dal Consiglio generale d’Acque e Strade, formato dalle più brillanti menti matematiche dell’epoca. Il decreto prevedeva l’istituzione di almeno un ingegnere in capo per dipartimento. Nella fase di prima organizzazione il Corpo, che conta 114 ingegneri nel 1805 e 214 nel 1806, quando i dipartimenti del Regno crescono a venti per l’ampliamento dei confini dello Stato. Nel territorio ex pontificio il numero viene aumentato con decreto 16 dic. 1808. Inoltre, con decreto 24 ott. 1806 il magistrato di acque e strade previsto dal precedente decreto del 6 maggio, fu affidato al consiglio di prefettura, presso il quale potevano essere nominati degli aggiunti. Al Corpo degli ingegneri compete la progettazione e la direzione di tutti i lavori per i quali è previsto un concorso finanziario pubblico, l’ispezione dei comuni per i lavori stradali di loro competenza e la vigilanza sui consorzi idraulici (argini, porti, porti). Vengono emanate disposizioni per unificare il sistema delle misure, per livellare fiumi e canali, per operare secondo criteri tecnici unificati. Ogni anno, sulla base delle indicazioni trasmesse dagli uffici dipartimentali, viene compilato un bilancio preventivo delle spese, che entra a far parte del bilancio complessivo del Ministero dell’Interno. Ingegnere delle acque e strade del Dipartimento del Rubicone In area emiliano-romagnola l’ente era denominato Ingegnere in capo d’acque e strade del Dipartimento del Rubicone in Forlì, competente anche per il territorio di Ravenna, sede di un ingegnere distrettuale di prima classe. Figura di particolare rilievo sia per l’età napoleonica che per la Restaurazione è l’ingegnere Luigi Brandolini (1772- 1846). Fabrizio di Marco ne scrive: “(…) Abilitato con patente all’esercizio della professione di ingegnere dall’anno 1798, Brandolini aveva già lavorato a Ravenna, succedendo a Camillo Morigia nella direzione dei lavori al bacino portuale e ai canali, occupandosi sino al 1796 dell’escavazione del canale Candiano di porto Corsini. Nel 1798 viene “deputato in aggiunta al Sorvegliante dei Beni Nazionali”. Nel 1802 è chiamato a far parte della commissione idraulica della Repubblica Italiana che affronta l’annoso problema dell’ordinamento delle acque del basso Po, operando a fianco dei più illustri idraulici del tempo e del maestro Fantoni. Nel primo decennio dell’Ottocento si intensificano gli incarichi governativi: dall’impegno alla “Perequazione del catasto Prediale” (1802-03), svolto a Milano, all’importante e decisiva carica di ingegnere dei porti di Cesenatico, Cervia e Ravenna, conseguita nel 1802, quando inizia anche la docenza di Idraulica alla Scuola di Ravenna. Nel 1803 Brandolini è membro della commissione istituita a Modena per la sistemazione idraulica “di molti dipartimenti, in unione coi più celebri matematici e ingegneri del Regno”. In tale consesso presenta un progetto per la bonificazione delle valli Veronesi, premiato a giudizio unanime della commissione, distinguendosi tra diciassette proposte. Nel 1805 risulta membro della commissione d’ingegneri francesi e italiani per la sistemazione del porto di Volano, sino ad essere nominato, il 26 agosto 1806, ingegnere capo del Dipartimento del Rubicone. Appare evidente come la crescita scientifica e professionale del Brandolini nei primi anni dell’Ottocento, riportata fedelmente nel curriculum del 1817, sia da mettere in relazione con la nuova amministrazione francese, che specie nei dipartimenti adriatici, subito dopo la trasformazione della Repubblica in Regno d’Italia, promuove una serie di progetti per collegare mare e territori interni attraverso la possibile idrovia del Po. Va rilevato più precisamente che la famosa ricognizione del segretario del Conseil General des Ponts et Chausses Louis Bruyère con Jacques Rolland, ispettore generale, nei porti-canale adriatici, da cui scaturirà la proposta del nuovo porto di Comacchio, viene effettuata proprio nel 1805, quando Brandolini è ingegnere responsabile di buona parte di tali strutture portuali. È facile quindi ipotizzare un suo diretto contatto con gli ingegneri transalpini, provato d’altronde dalla partecipazione alla commissione mista per il porto di Volano. Contatto che dovette provocare giudizi favorevoli nei suoi confronti, se nel 1806 viene promosso Ingegnere capo dipartimentale, carica che, cessato il dominio napoleonico, gli venne confermata all’interno della delegazione apostolica di Forlì, dove il cardinale Giuseppe Spina lo nomina ingegnere provinciale. L’attività a Ravenna negli anni napoleonici riguarda anche l’importante iniziativa del restauro del Mausoleo di Teodorico, promosso direttamente da Eugenio Beauharnais, ultimato nel 1810 su progetto di Giosafat Muti e collaudato da Brandolini. Da Forlì è chiamato a Ravenna nel 1816 per volere del cardinale legato Alessandro Malvasia, mantenendo la carica di ingegnere provinciale. Nella città natale si distingue, in estratto due anni di lavoro, nella direzione del rifacimento della strada Faentina, ancora a fianco del Muti. Alla fine del 1817 è nominato Ispettore generale del Consiglio d’Arte dello Stato Pontificio, organo inquadrato nella Presidenza delle Strade, carica che ricopre per trenta anni. Le credenziali professionali maturate nel precedente ventennio, definite nel curriculum “attestati moralissimi in ogni stato di servizio”, come detto incidono positivamente nella selezione, affidata al neo direttore della Scuola degli Ingegneri di Roma, il bolognese Giuseppe Venturoli (1768-1846), dal 1818 anche presidente del Consiglio d’Arte. Il Venturoli, di concerto con Consalvi e Nicolai, pone al suo fianco un team formato per metà da ingegneri-architetti provenienti dalle Legazioni: oltre al ravennate Brandolini, sono ispettori per i lavori idraulici il modenese Luigi Gozzi, allievo del matematico Gianfrancesco Malfatti e Girolamo Scaccia. Nei lavori di strade vengono selezionati Raffaele Stern e Giuseppe Camporese, con Giovanni Battista Martinetti, ticinese ma personaggio di spicco della Bologna giacobina e napoleonica, che dal 1820 lavorerà a fianco dell’amico Giovanni Bassani, subentrando a Stern nel ruolo di Ingegnere capo delle vie urbane di Roma. La tradizione di avvalersi di architetti e ingegneri particolarmente versati nel settore idraulico provenienti dall’area emiliana-romagnola, si pensi solo al caso dei fondamentali contributi sul Tevere di Bernardo Gambarini e Andrea Chiesa a metà del Settecento, sembra accentuarsi nella prima Restaurazione, e il caso di Brandolini lo conferma, soprattutto perché l’amministrazione pontificia ha la possibilità di attingere tra professionisti e docenti che più di altri erano stati protagonisti delle procedure innovative francesi nel settore dei lavori pubblici. A loro volta gli allievi diretti e più in generale il vasto entourage di ingegneri che si alternano nella prima metà dell’Ottocento nelle cariche distribuite nelle divisioni dello Stato pontificio porranno le basi per i successivi quadri del Ministero dei Lavori Pubblici dell’Italia unita. Valga da esempio la linea di successione che si potrebbe tracciare tra Brandolini, il suo allievo Maurizio Brighenti (1793-1871), che dopo aver studiato a Bologna con Venturoli si forma professionalmente presso il ravennate durante il suo incarico di ingegnere capo del dipartimento del Rubicone e l’allievo di questi Paciico Barilari (1813-1898), pesarese, autore di studi e progetti sul Reno e sul Po, che negli anni Settanta arriverà a ricoprire la carica di presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. La lunga e densa attività di ispettore per i lavori idraulici nel Consiglio d’Arte, con base a Roma, dove si tenevano i congressi settimanali e con frequenti trasferte per sopralluoghi e visite alle divisioni, parzialmente testimoniati nei quaderni che si andranno ad analizzare, non allontanerà Brandolini dai legami con Ravenna e i porti adriatici, luoghi della sua formazione e prima esperienza operativa. Ad esempio tracce di un suo contributo ai progetti per la risistemazione del porto di Fano si trovano nelle carte di Luigi Poletti come è ipotizzabile un coinvolgimento, almeno a livello di expertise, nel progetto di sterro e prosciugamento dell’area del Mausoleo di Teodorico a Ravenna, curato da Severo Canevali nel 1844 . Appare inoltre interessante, a testimonianza dell’autorevolezza di Brandolini in ambiente romano, il suo legame con il conte Giulio Rasponi, in occasione della trasformazione del piano nobile del palazzo ravennate intrapresa nel 1821, che coinvolge artisti del calibro di Andrea Basoli, Tommaso Minardi, Jean-Baptiste Wicar e Filippo Agricola, coordinati da Gordiano Perticari. A lavori avviati, una ditta corrispondenza tra Rasponi e Brandolini, tra il 1825 e il 1827, testimonia l’interessamento dell’ingegnere, su invito del conte, in merito al procedere delle opere commissionate a Wicar, Minardi e Agricola, in notevole ritardo rispetto ai tempi prefissati, in vista del matrimonio con Luisa Murat e alla conseguente inaugurazione del nuovo appartamento, prevista per il 1° gennaio 1826. Brandolini visita gli studi romani dei pittori e riporta notizie e giudizi al Rasponi, rivelando una discreta preparazione nell’analisi delle pitture, specie nel caso della travagliata storia delle tele affidate a Luigi Agricola. Altri episodi nella lunga carriera di Brandolini, ancora da approfondire, ci restituiscono una preparazione che probabilmente andava oltre le mere conoscenze specialistiche in materia di idraulica. La cronaca ravennate del Miserocchi riferisce che l’ingegnere ebbe da Gregorio XVI “la medaglia d’onore per l’opera data alla conservazione dei famosi monumenti del Foro romano nel 1839”, impegno che Brandolini assume mentre si stava occupando dei restauri all’Acquedotto Felice, che si analizzeranno più avanti, per i quali nel 1841 ottiene la croce di cavaliere dell’ordine Gregoriano. L’attendibile fonte del Moroni riporta infine l’attribuzione al nostro del progetto della porta Mascara a Pontecorvo, databile ai primi anni del pontificato di Pio IX, quando Brandolini era prossimo al pensionamento, e demolita nel Novecento. Fino all’ultimo impegnato in pareri e disquisizioni sulle questioni idrauliche che tanto hanno caratterizzato l’assetto e la forma di Ravenna e del territorio circostante, Luigi Brandolini muore l’8 luglio 1866 nella sua città natale.”
Compilatori
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