Comitato provinciale della Democrazia cristiana - Grosseto ( 1945 - 1994 )
Tipologia: Ente
Tipologia ente: Partito politico, organizzazione sindacale
Profilo storico / Biografia
Terra repubblicana e radicale, nei primi decenni del Novecento le idee socialiste trovano nella provincia di Grosseto terreno fertile per espandersi e diffondersi, soprattutto tra le masse contadine e i numerosi lavoratori del settore minerario, anche attraverso la fondazione di leghe sindacali. Scarsamente radicato, il Partito Popolare di Sturzo ha tuttavia, almeno nei primi anni Venti, un suo radicamento nel territorio provinciale. Come evidenzia Hubert Corsi, infatti, “verso la metà del 1921, il Partito popolare […] era riuscito a darsi una modesta, ma efficace struttura organizzativa, mentre, sul piano delle idee, si esprimeva su posizioni socialmente avanzate (…)”. L’avvento del Fascismo vede i popolari grossetani collocarsi su posizioni critiche rispetto all’avvicinamento tra parte delle gerarchie ecclesiastiche e del mondo cattolico al Fascismo, esprimendo tali critiche anche su alcune pubblicazioni di carattere locale fino almeno alle cosiddette leggi “fascistissime”.
Se nel movimento partigiano si registra una partecipazione di figure cattoliche in varie realtà dell’intera provincia, il partito nato nel 1942 sulle ceneri dell’eredità popolare e sturziana, ovvero la Democrazia cristiana (Dc), parteciperà attivamente alla ricostruzione come parte di giunte postbelliche rette dai CLN locali. Nell’immediato Dopoguerra, quando la deputazione provinciale (e dal 1951 Ente provincia) è retta alternativamente da repubblicani e comunisti (G. Magrassi – PRI- fra 1944 e 1947, R. Bellucci – PCI – fra 1947 e 1948, poi D. Evangelisti – PRI – 1948 e 1951 ed E. Suardi – PCI – fra 1951 e 1952), iniziano a delinearsi i caratteri di una geografia elettorale che, per il Grossetano, appare complessa e frammentata, ma riconducibile ad alcune linee di massima, con un radicamento significativo in alcune aree costiere e dell’Amiata, nonché in quelle del Tufo. Per l’area grossetana dell’Amiata, in comuni come Castel del Piano, Arcidosso e Santa Fiora i risultati elettorali della Dc erano sensibilmente superiori alla media provinciale, con anche esperienze amministrative locali centriste o di centrosinistra in chiave anti-frontista. Allo stesso modo, l’area dell’Argentario, così come l’isola del Giglio, rappresentavano aree con un significativo consenso attribuito alla Dc, che otteneva buoni risultati anche in comuni come Sorano e Pitigliano, all’estremità meridionale della provincia. Per le tre aree segnalate, le ragioni sono in gran parte ascrivibili alle caratteristiche culturali, sociografiche e socioeconomiche di quei territori, dove si registra una minor presenza bracciantile e soprattutto operaia, dunque anche sindacale e associativa delle sinistre.
Nel complesso, se, sulla scia della dinamica nazionale, la Dc acquisisce nel primo decennio postbellico consensi importanti, passando nella provincia di Grosseto dal 17.54% delle elezioni per la Costituente (1946, terzo partito) al 26.56% delle elezioni del 1948, che segnano il trionfo nazionale della Dc e la crisi del frontismo socialcomunista, questi dati appaiono comunque modesti rispetto ad altre province toscane, a partire da Firenze. Occorre leggerli alla luce di due fattori ulteriori: il forte radicamento del Partito repubblicano italiano (PRI), che tale si manterrà, benché in crisi, sino ai primi anni Sessanta, anche sulla scorta della partecipazione di varie figure del repubblicanesimo locale al movimento antifascista; la geografia elettorale succitata, dove alle aree di radicamento della Dc fanno da contraltare territori più ostili: l’area delle Colline metallifere, dove dalla presenza delle miniere e dei suoi lavoratori traevano indubbio vantaggio le sinistre; quella della piana di Grosseto e del comune di Roccastrada, altrettanto prodighe di consensi per le sinistre e soprattutto per il Pci; il capoluogo provinciale, dove una presenza democristiana – in taluni quartieri in particolare – era nondimeno significativa.
Ciò emerge fin dai primi risultati elettorali (1946), quando di fronte a sconfitte pesanti per il partito cristiano nelle aree urbane e minerarie, esso ottiene buoni risultati in comuni costieri, come Orbetello e Monte Argentario e nei territori dell’Amiata. Le elezioni del 1948, che comportano un calo notevole del voto alle sinistre d’ascendenza marxista e un aumento della Dc e dei partiti genericamente “atlantisti”, mostrano il cristallizzarsi di questo orizzonte geograficamente parcellizzato, non omogeneo: la Dc, oltre alla zona costiera, ottiene del resto buoni risultati in comuni e realtà territoriali dov’era già presente un insediamento del Partito Popolare e dove sono presenti strutture associative organizzate d’area cattolica.
Gli anni del Dopoguerra coincidono con un radicamento significativo della Dc in tutta l’area provinciale, in un rapporto stretto con le istanze e gli organismi dirigenti regionali e soprattutto nazionali, a partire da Amintore Fanfani, i cui legami con la Maremma sono plurimi e assai fruttuosi anche in ragione dell’estensione del collegio elettorale (Camera dei deputati) che associa Grosseto a Siena e Arezzo. L’istituzione dell’Ente Maremma (1951) segna del resto un momento cardine dello sviluppo del partito cristiano nell’area della provincia, con l’attuazione della Riforma fondiaria che qui modifica l’organizzazione dell’intera società rurale, in particolare nelle aree di bonifica e nella piana, sancendo il passaggio di molti contadini dalla condizione di braccianti a quella di mezzadri o piccoli proprietari.
Sino agli anni Sessanta inoltrati, le dinamiche della Dc grossetana paiono sovente subordinate agli equilibri della potente Dc regionale e aretina in particolare, con figure di riferimento quali Enea Piccinelli, che gestisce il tesseramento e le nomine chiave, specialmente quelle legate alla gestione dell’Ente di Sviluppo (ex Ente Maremma) e del credito agrario, polmoni finanziari del territorio e strumenti per orientare e radicare il consenso intorno al Partito.
A questa altezza cronologica, con il progressivo spopolamento delle campagne e la crisi del settore minerario la fisionomia del partito subisce un ulteriore mutamento. Se gli anni Settanta rappresentano per la Dc il momento di massima difficoltà, con un incremento notevole di consensi al Pci e con la débâcle al referendum sul divorzio del 1974 (oltre il 70% di “No” in tutta la provincia), il partito agisce in prevalenza come forza di minoranza in gran parte delle assemblee elettive, dove dominano giunte social-comuniste.
Una svolta ulteriore si registra nei primi anni Ottanta, quando la figura di Hubert Corsi consente di sviluppare una leadership autonoma locale. Eletto deputato nel 1983, sebbene ancora legato alla corrente fanfaniana, Corsi interpreta la trasformazione culturale dell’elettorato di centro: non più solo coltivatori diretti, ma un nuovo ceto urbano, mediamente istruito, composto da impiegati statali, professionisti e operatori di un terziario in notevole espansione, soprattutto nell’area turistica (Corsi sarà anche sindaco Dc di Monte Argentario). È in questa fase che il sistema di potere della Dc pare muoversi dai terreni agricoli agli uffici pubblici: il controllo delle neonate Unità Sanitarie Locali (USL) e la presenza nei consigli di amministrazione degli istituti di credito locali diventano i nuovi strumenti di mediazione e consenso. Col Pentapartito – e con il rinnovamento proposto dal Psi craxiano – la Dc grossetana sembra consolidarsi in tutto il territorio provinciale, ponendosi come referente privilegiato di ceti produttivi, di commercianti e funzionari, oltreché dello storico elettorato confessionale. Alla vigilia di Tangentopoli e della diaspora democristiana, la Dc a Grosseto si presenta allora come un partito radicato e presente, con un’organizzazione articolata e numerosi rapporti con i poteri locali e con le istanze nazionali. Nel 1993, alle elezioni comunali del capoluogo – le prime che prevedono l’elezione diretta del sindaco – il candidato di “pentapartito” Fausto Giunta accede al ballottaggio, venendo sconfitto da un esponente del Pds per poco più di duemilacinquecento voti (53-47%).
Sul piano strettamente organizzativo, la Democrazia Cristiana di Grosseto ricalcava la struttura statutaria nazionale, articolandosi nel Comitato Provinciale quale organo di direzione politica e amministrativa. Eletto dai delegati del Congresso provinciale, il Comitato esprimeva la Giunta esecutiva e il Segretario Provinciale, figure apicali cui spettava la rappresentanza legale e politica del partito. La struttura operativa della Segreteria si suddivideva in uffici e dipartimenti tematici, dall’Ufficio Enti Locali (cruciale per il coordinamento degli amministratori nei comuni e in Provincia e per la gestione delle alleanze con le forze laiche) alla SPES (Stampa e Propaganda), dall’Ufficio Elettorale all’Ufficio Tesseramento, fino ai settori tematici dedicati ai problemi precipui. A queste strutture, si affiancava la rete capillare delle sezioni comunali e rionali/di frazione. Queste ultime, diffuse su tutto il territorio provinciale (dalle località minerarie ai centri costieri), garantivano un efficace collegamento tra la periferia e il centro direzionale di Grosseto, fungendo da luogo primario di dibattito, gestione del tesseramento e di selezione della classe dirigente locale, pur nel quadro di quella vivace dialettica tra correnti che ha storicamente animato la vita interna del partito fino al suo scioglimento nel 1994 ma che nel Grossetano è stata invero assai più ridotta, poiché la stragrande maggioranza del gruppo dirigente è stata legata alla figura di Amintore Fanfani e alla sua corrente, Nuove Cronache.
Complessi archivistici
Link risorsa: https://archivista.hiboucoop.org/creators/34